domenica 20 agosto 2023

Un libro ancora tosto ma ancora tutto da leggere

 

“Il nostro statuto era il contratto” (Bonomo editore, Bologna, 2021, pp. 335, euro 20,00) è la nuova edizione del libro che Giovanni Graziani pubblicò nel 2007 col titolo “Il nostro statuto è il contratto”. Il passaggio dal presente all’imperfetto esprime, secondo l’autore, l’idea che nel 1973, con la legge sul processo del lavoro, si registra nella Confederazione fondata da Giulio Pastore una mutazione genetica con la definitiva liquidazione della posizione iniziale della Cisl contro lo Statuto dei lavoratori in quanto preclusivo dell’accordo quadro proposto negli anni Sessanta. Quell’accordo quadro col quale si intendeva costruire, nell’ambito e con gli strumenti del diritto privato, un sistema dinamico di regole per le relazioni sindacali.

Quindici anni fa, su Viapo, il settimanale culturale di Conquiste del lavoro e sul sito della Biblioteca centrale della Cisl, scrissi un breve commento sul lavoro di Graziani in cui esprimevo un giudizio sostanzialmente positivo definendo il libro “tosto, ma tutto da leggere”. Un libro, precisavo, che “ha il merito, tra l’altro, di far luce su un periodo della storia della Cisl poco conosciuto”. Non avevo mancato di sottolineare i toni a tratti impertinenti, talvolta addirittura provocatori, che connotavano il suo ripercorrere una vicenda che ha segnato la storia del diritto del lavoro e dello stesso sindacato italiano.

Non posso che confermare queste mie valutazioni sulla nuova edizione che rispetto alla precedente riduce al minimo l’appendice di documentazione che passa dalle oltre cento pagine del 2007 alle attuali sedici.

Il pezzo forte della documentazione è rappresentato dal testo del discorso tenuto dal professore Francesco Santoro-Passarelli alla fine del corso annuale di formazione per giovani dirigenti della Cisl il 30 giugno 1968.

Altri aspetti che ho apprezzato sono le segnalazioni di testi e saggi, anche online, di cui non conoscevo l’esistenza. Ho trovato curioso e interessante il suo considerarsi idealmente un “giuseppino”.

Non ho invece apprezzato alcuni sassolini che Graziani si toglie dalle scarpe esprimendo, a mio parere, giudizi non da studioso. Come non ho apprezzato l’infierire su Bruno Storti.

Ma quello che meno mi è piaciuto è la dedica dove sono spariti, a vantaggio di altri, i nomi di Giovanni Marongiu e di Anita Carini.

Mi sembra, infine, di aver colto l’intenzione di scrivere una terza edizione che guarda alla legge del 1990 sullo sciopero. Terza edizione che, temo, non avrò il piacere di leggere per l’età troppo avanzata ma nella quale mi piacerebbe trovare, ad esempio, nell’indice dei nomi a pagina 332, “Piva, Paola” e non Paolo come si era verificato anche a pagina 325 della precedente edizione. Così come mi piacerebbe trovare gli allegati alla circolare della segreteria generale Cisl 39/1969 citata a pagina 200.

1 commento:

Giovanni Graziani ha detto...

Caro Enrico, grazie dei tuoi giudizi proprio perché, come nel 2007, non sono complimentosi ma credibili, frutto di una lettura sincera senza pregiudizi positivi o negativi. E infatti hai esattamente colto alcuni aspetti che non hai apprezzato ma che erano assolutamente voluti, anche a prezzo di dispiacere. Come i "sassolini", che non saranno da studioso ma da polemista sì. Ed io considero la polemica una nobile arte, strettamente imparentata alla politica, quindi superiore alla neutralità dello studioso che talora può essere imparentata all'ignavia.
Quanto alla documentazione, l'ho alleggerita per due motivi: uno volgare, cioè le spese di pubblicazione un tanto a pagina a mio carico, e uno più serio, ossia l'inutilità di ripubblicare cose ormai note.
Ma la lezione di Santoro-Passarelli, permettimi, è qualcosa di più di un "pezzo forte", è una bomba che fa saltare tutta la narrazione sulla storia dei rapporti fra la Cisl e il diritto del lavoro che si è affermata in materia negli anni seguenti. E anche la lettera di Storti a Grandi mi sembra un contributo oggettivo sulla vicenda di quel segretario generale della Cisl verso il quale non ho l'acrimonia che mi attribuisci (d'altra parte i carnitiani mi hanno detto che ce l'ho con Carniti, i giugniani che ce l'ho con Giugni e quelli di Donat Cattin mi hanno detto lo stesso con la loro figura di riferimento).
Aggiungo solo, perché mi tocca sul vivo (certo più dell'essermi sfuggito "Paolo" per "Paola"), una precisazione sul cambiamento della dedica, in particolare per Anita che citavo per avermi "insegnato la Cisl". Come sai, per i casi della vita non faccio più parte del mondo della Cisl, se non come una storia che fa parte del mio vissuto e che nessuna protervia può strapparmi. Nella mia condizione attuale, certi ricordi e certe fedeltà si custodiscono meglio nell'intimo che esibendole a rischio che qualcuno ti accusi di usare i morti contro i vivi. Pericolo che non c'era con Aldo, Marianna e Giampiero, dal rapporto con i quali è nato molto di quel che ho messo nel libro, sia prima che seconda versione.