Tre libri, tre storie. La storia di un ragazzo che
si trova invischiato in una vicenda di presunto terrorismo rosso. La storia di
una donna che ripercorre la sua vita in attesa del marito operato per una
malattia allo stomaco. La storia di uno scienziato che ha speso l’esistenza
nella lotta contro il cancro.
Il primo libro (Loris Campetti, L’Arsenale di Svolte
di Fiungo, Manni, San Cesario di Lecce, 2020, pp. 169, euro 14,00) è opera di
una storica firma del Manifesto che si cimenta con il genere romanzo. Un
romanzo autobiografico che racconta, come recita la scritta in copertina, una
storia di militanza e fuga, terrorismo rosso e nero, servizi segreti e imbrogli
di Stato negli anni Settanta del secolo scorso. Campetti riesce a descrivere -
a tratti in maniera leggera, quasi deliziosa - le sue traversie di una vita
improvvisamente sbatacchiata, a cavallo tra lotta partigiana, epica comunista,
eresia manifestina e le imprese del ragionier Ugo Fantozzi. Ne viene fuori uno
spaccato di un’epoca che ha segnato anche tragicamente la storia del nostro
paese.
Il secondo volume (Dolores Deidda, La signora della
stazione, Booksprint, 2020, pp. 218, euro 17,90) è anch’esso un’opera prima. Il
primo romanzo di una studiosa che ha fatto dello scrivere la sua ragione di vita
e uno dei momenti fondamentali della sua attività professionale (può vantare,
tra l’altro, tre lustri di stretta collaborazione con uno dei più grandi
sindacalisti della Cisl, Eraldo Crea). Questa volta, però, si è avventurata in
un genere profondamente diverso. Dalla storia di Eva Ariac, la donna della
stazione, trasuda un amore profondo per la sua terra, la Sardegna, e per la sua
famiglia. Un romanzo particolare sorretto da una splendida prosa che richiama
autori ben più autorevoli. Un libro di storia, però, che colloca gli
avvenimenti più importanti durante la seconda guerra mondiale riportando alla memoria
i bombardamenti di Cagliari che fu, dopo Napoli, la città italiana più colpita
dalle bombe alleate. Un romanzo bellissimo, con un finale a sorpresa che
suscita emozioni indescrivibili.
Il terzo libro (Alberto Costa, Umberto Veronesi
l’uomo con il camice bianco, Bur Rizzoli, Milano, 2020, pp. 196, euro 14,00) è
l’ultima versione di un fortunato best seller. Alberto Costa, oncologo di
chiara fama, è stato per decenni uno dei più stetti collaboratori di Umberto
Veronesi. Incontrò il professore nel marzo del 1973, rispondendo a
un’inserzione sul Corriere della sera con cui si cercava uno studente di
medicina interessato a organizzare corsi di aggiornamento e formazione
permanente. Con lui ha ideato la Scuola europea di oncologia, dato vita
all’Istituto europeo di oncologia, introdotto in Italia l’Educazione continua
in medicina (Ecm) e costituito la Fondazione che porta il suo nome. La parte
finale del libro riporta gli appunti presi da Costa durante le visite a
Veronesi nei suoi ultimi sei mesi di vita. Sono appunti che trasmettono al
lettore la vivacità di pensiero, l’umanità, la forza di volontà, l’ostinato
ottimismo, il calore e insieme la determinazione che fino all’ultimo giorno
hanno caratterizzato Umberto Veronesi.
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