giovedì 25 luglio 2024

La fine del sindacato?

 

La fine del sindacato. Così nella prima pagina del numero 18 del 28 aprile di Panorama. Che aggiungeva, sotto la foto del volto corrucciato di Maurizio Landini, “Non difende gli interessi dei nuovi lavoratori. Fallisce il ricambio generazionale degli iscritti…Tutte le crisi e i retroscena di un corpo intermedio fermo ancora al Novecento”.

Ma è veramente finito il sindacato? Sembrerebbe di no, anche se alcuni segnali preoccupanti dovrebbero far riflettere. Quello che sorprende, in questa fase, è che - di fronte a dati come quelli contenuti nelle ricerche di Batut, Lojkine e Santini da un lato e Agnolin, Anelli, Colantone e Stanig dall’altro - nessuno tra gli autorevoli studiosi delle vicende sindacali abbia tentato di fare chiarezza sulla reale consistenza degli iscritti alle grandi confederazioni italiane. Così come nessuno, secondo quanto ci risulta, si sia azzardato a confutare quanto afferma Sabino Cassese nel libro Le strutture del potere. Che cioè “i sindacati hanno come iscritti più pensionati che lavoratori. La loro azione è rivolta innanzitutto alle stabilizzazioni dei precari. Sono finanziati in larga misura dallo Stato, pur se con sotterfugi”.

Solo separando i fatti dalle opinioni sarà possibile affrontare seriamente una problematica su cui oggi si dice tutto e il contrario di tutto.


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